Nella terza decade del febbraio ’45, la “Viganò”, i cui organici sono molto cresciuti, viene trasformata da brigata in divisione. Nelle stesso periodo il giovane commissario della XVI Divisione “Viganò”, Emilio Diana Crispi (Gino), con altri commissari politici viene catturato, su delazione, nei pressi del comune di Cartosio e trasferito dai Repubblichini al Forte dei Giovi.
Dall’informatore n° 36 – velina inoltrata alla Brigata Nera “Attilio Prato” di Alessandria:
I ribelli hanno forzato i giovani di Castelnuovo (una ventina) a montare la guardia notte e giorno alle porte del paese. A Castelnuovo i ribelli sono di passaggio ogni giorno. Il quartiere è a Rivalta, 250 uomini.
Nella notte tra il 2 e il 3 marzo presso il passaggio a livello della stazione ferroviaria di Cassine viene rilevata la presenza di pattuglie partigiane armate con armi automatiche. Il sopralluogo a Castelnuovo permette di verificare la presenza in paese di circa 250 ribelli comandati dal capo banda “Martin”. Pare si stiano organizzando per assalire il presidio della G.N.R. di Cassine. Martin viene spesso visto nel paese di Cassine “isolato in località Pisa”. Alcuni partigiani indossano la camicia rossa con berretti della Brigata nera e la stella rossa; un’altra parte di partigiani, la maggiore, in borghese portano un bracciale tricolore, bianco rosso e verde, con la scritta “SAP”.
L’episodio è descritto in modo più particolareggiato e con toni quasi “epici”da Angelo Mezzo nel volume “CHIUSURA DEL CINQUANTENARIO DELLA LIBERAZIONE, 1945-1995”,ANPI di Alessandria, p. 76:
6 Marzo 1945 da una segnalazione del Comune di Cassine alla Prefettura Repubblicana di Alessandria, e per conoscenza alla Ortskommandantur di AcquiFu così che “Mancini”, radunati i tre comandi di Brigata, decise l’azione sul Presidio di Cassine, con l’intento di catturare i repubblichini, per poterli scambiare con i commissari politici rinchiusi nel forte in attesa di fucilazione. Alle 23 ebbe inizio la riunione dei partecipanti all’azione armata. La marcia di avvicinamento partì da Rivalta Bormida (…). A Castelnuovo Bormida, Mancini … impartì le direttive per l’attacco. Il distaccamento di Pietro Boidi occupò la stazione di Cassine, disarmò i militi repubblichini e tagliò i fili telefonici e telegrafici. Era una luminosa serata di plenilunio. Alle ore 1 e 20 Mancini diede il via. Si era ormai vicinissimi al presidio repubblichino, in un silenzio opprimente, soli e con le armi ben lubrificate. Possibile che il nemico, sempre assai attento, non avesse captato la nostra presenza? Strano. Non era finita la riflessione, che una raffica di mitragliatrice ruppe il silenzio. Mancini gridò: “Ragazzi, ci siamo.” La formazione partigiana si schierò a ventaglio come stabilito,piazzò le armi nei punti strategici. Mancini si fece consegnare dal portatore il bazuka, lo armò e diede il via al combattimento sparando il primo colpo contro la “Casa Bianca”, sede del presidio repubblichino di Cassine. Cominciò un furioso combattimento. … Il combattimento, le vampate delle bombe a mano, le scie delle pallottole traccianti facevano apparire la località sinistramente illuminata. … Finita la scorta delle munizioni, Mancini ordinò il “cessate il fuoco” E la formazione partigiana si sganciò con un solo ferito.
Oggetto: irruzione di elementi fuorilegge in Cassine nella notte dal 5 al 6 marzo 1945.
Per opportuna conoscenza, comunico che la notte scorsa, alle ore 2, un numeroso gruppo di partigiani armati, giunti da diverse direzioni, hanno fatto irruzione in questo capoluogo, tentando di sopraffare il locale Comando di Presidio della GNR. L’assedio alla caserma della Guardia è durato dalle 02:35 alle 03:30 con una nutrita sparatoria d’ambo le parti, anche con armi pesanti. Nessuna vittima e nessun ferito. Una frazione del gruppo si è anche presentata alla stazione ferroviaria, distruggendo le macchine telegrafiche, l’orologio, la lampada centrale elettrica ed asportando le palette per licenziamento treni, il microfono telefonico e una piccola somma di denaro, ritrovata nel cassetto della biglietteria. Un altro gruppo si è, infine, introdotto nel locale del centralino telefonico in paese, distruggendo ogni cosa.
Il Commissario Straordinario Dr. Giuseppe Trojantratto da “Il movimento di Liberazione nell’acquese“, pag 140:
L’attacco si configurò come una battaglia vera e propria: da parte partigiana furono mobilitati circa 200 uomini che circondarono l’intero paese, occupando gli edifici più importanti come la sede del centralino telefonico e la stazione ferroviaria. La sorpresa non riuscì perché ad un partigiano partì inavvertitamente un colpo di fucile. I nazifascisti, asserragliati nella caserma, furono attaccati da circa 50 partigiani comandati da Marius; dopo alcune ore di scontri i partigiani si ritirarono. Furono usate le armi ricevute dal primo lancio di alcuni giorni prima, tra cui il lancia granate americano.
Dopo questo primo attacco andato a vuoto i partigiani fanno prigionieri 35 fascisti e si impossessano di un notevole quantitativo di armi e munizioni.