Sistema monetario nel tempo

Sino al finire del XIV secolo si computò a lire, soldi e danari. Dal principio del secolo XV sin dopo la metà del decimosesto a fiorini, grossi, quarti, forti e viennesi. Nel 1562 si riprese l’uso del primo, il quale, sebbene per qualche tempo avesse di nuovo ceduto il passo ai fiorini, fu ripristinato nel 1633, e indi senza alcuna interruzione conservato sino al subentro dalla Lira e quindi dell’Euro. Non esiste nazione europea che dal secolo XI conti un maggior numero di zecche e possegga più grande varietà di monete quanto l’Italia; questo perché non si trovava principe o città che si privasse del diritto di conio.

Le monete erano così divise:

  • d’oro – monete nelle quali questo metallo sia presente per più della metà
  • d’argento – monete che contengono almeno la metà d’argento; in questa categoria erano comprese anche monete alle quali mancava qualche grano.
  • Biglione o d’eroso misto – monete d’argento contenente molto rame.
  • di rame – monete esclusivamente di rame.In tale sistema le monete di maggior valore erano quelle auree e venivano spesso tesaurizzate. Le monete d’argento, di valore intermedio, erano utilizzate per le grandi transazioni commerciali. Le monete di rame erano infine usate per il commercio al dettaglio. Era lo stato che stabiliva il rapporto di scambio fra oro ed argento. Tale rapporto variava in conseguenza della scoperta di nuove miniere di oro o di argento.

La moneta, in questa lunga fase storica, non è altro che un lingotto recante il punzone del re o della repubblica. Ciò permette di evitare il controllo del peso e del titolo della moneta ad ogni passaggio. Infatti lo Stato, punzonando il lingotto, promette che lo accetterà come mezzo di pagamento (tipicamente delle imposte) e pertanto, anche se il peso risultasse inferiore (a causa delle “tosature”), o se il titolo risultasse inferiore al dovuto (perché la zecca stessa tende a coniare moneta “di bassa lega”) chi ha in mano una moneta sa che lo stato non gliela può rifiutare. Se lo stato non può rifiutare di accettare la propria moneta, lo possono invece fare i privati. Chi deve ricevere un pagamento potrà rifiutare sia le monete “tosate”, ovvero a cui i precedenti possessori hanno limato via qualche grammo di metallo prezioso; oppure potrà rifiutare monete di lega “cattiva”. D’altra parte chi deve fare un pagamento sceglierà, per farlo, fra tutte le monete che ha, quelle più “tosate” o di minor saggio metallico, e tenderà a tesaurizzare le monete di peso e titolo più pregiati.

Si comprende quanto fosse importante la zecca, in quanto dava corso legale a quei lingotti metallici che sono le monete metalliche. Aveva una funzione di garanzia per chi utilizzava le monete e li esonerava dai controlli. Tuttavia la zecca si prestava ad operazioni poco corrette, quando le casse dello Stato erano vuote. Infatti il principale responsabile della svalutazione monetaria rimaneva comunque lo Stato, che nei momenti di difficoltà economica, per rimpinguare le proprie casse, ordinava alla zecca di mescolare il metallo prezioso con quantità sempre maggiori di metallo vile (generalmente rame) fino a quando i mercanti non se ne accorgevano e rifiutavano la nuova moneta o l’accettavano solo per il suo valore intrinseco, inferiore a quello nominale. E ciò provocava inflazione.

Nelle zecche per stabilire il peso e la bontà delle monete sino al 1816 si usava il sistema duodecimale:

Peso
Qualità oro
Qualità argento
marco – 8 once
oncia di fino – 24 carati
oncia di fino – 12 danari
oncia – 24 danari
carato – 24 grani
danaro – 24 grani
danaro – 24 grani
grano – 24 granotti
grano – 24 granotti
grano – 24 granotti
 
 
granotto – 24 granottini 
 
 

Nei tempi peggiori, a causa della difficoltà nel reperire materie prime, in Francia fu stabilito un ulteriore “grado di bontà” chiamato argentum regis, il quale conteneva per ogni oncia di peso 23 danari di argento fino, ossia 11/12. Questo tipo di argento in Piemonte fu chiamato argentum comitis, così almeno risulta da alcuni documenti del 1391. Dal 1816, dopo la riforma del sistema monetario, fu abbandonato il sistema duodecimale ed adottato il decimale già in uso in Francia.

Monete d’oro

doppia 1755Scuto – Le più antiche monete d’oro di Savoia sono sicuramente lo scuto ed il fiorino. Lo scuto era coniato a somiglianza di quello francese del 1337, ma la bontà dei nostri era di gran lunga minore. il valore non fu sempre uguale: con Amedeo VII, nel 1391, fu portato a carati 23.18, Lodovico e Amedeo IX lo tennero a 23 carati, Carlo Emanuele II lo ridusse a 21.18. Di questa moneta fu coniata la metà, il doppio, il quadruplo, il quintuplo e il decuplo. I doppi furono rinominati “doppie” e poco alla volta presero il posto dello scuto stesso che col passare del tempo prese il nome di “mezza doppia”. Le prime doppie furono battute da Carlo Emanuele II nel 1675 a carati 21.18 e così sino al novembre 1741 quando furono aumentate da Carlo E. III di 6 grani. Nel 1755 furono riportate al valore originale e così si conservò sino al 1846.
Ducato – già diffuso dalle nostre parti intorno al 1335, fu coniato anche dalla casa Savoia per la prima volta nel 1430. Da notare come questa moneta si sia conservata per duecento anni senza grandi variazioni restando intorno ai 23.15 carati. 
Zecchino – di origine veneta,simile al Ducato, fu coniato anche da Carlo Emanuele III di Savoia nel 1743 con la sua metà e quadruplo. carati 23.19
Lira d’oro – Amedeo o Lira d’oro di carati 21.18. Ne esistevano anche le doppie.
Filiberto – ordinata dal Duca Emanuele Filiberto nella sua riforma del 1561: era di 23.15 carati ed equivaleva a 3 scuti d’oro.
Genovino – Il Genovino fu emesso a Genova per la prima volta nel 1252, poco prima dell’emissione della moneta fiorentina. La moneta fu emessa fino al 1415. Accanto al genovino furono emesse anche monete equivalenti al suo ottavo (ottavino) ed al suo quarto (quartarola).
Vittorio Emanuele II da 20 Lire 1856Pezzo da 20 – con l’ordine del 6 agosto 1816, stabilendosi nelle nostre monete il sistema decimale francese, si stabilì pure la moneta d’oro da 20 franchi, detta da noi pezzo da 20 lire del Piemonte.

 

Monete d’argento


grosso torneseGrosso
 – La principale moneta d’argento anticamente battuta è il grosso. La più antica notizia che si ha del grosso, appartiene all’anno 1297, nel quale si sa che una moneta si coniava a S.Sinforiano d’Ozon, ma che in verità era un mezzo grosso inferiore e veniva chiamato grosso dozzeno o sezzino, denaro bianco e dozzino. Sotto Amedeo VII fu detto mezzo grosso e variava dai 9 ai 6 denari. Il grosso tornese, detto da noi di Savoia, fu battuto la prima volta nel 1306 da Amedeo V. Diminuì molto di peso, tanto che nel 1483 ne abbisognavano 204 pezzi per fare un marco quando in origine ne bastavano 58. Nel 1350, Amedeo VI, fece battere un’altro grosso detto Mauriziano o parpagliuola, che corrispondeva a tre quarti di grosso tornese. Contemporaneamente lo stesso principe coniò anche monete d’argento di bassa lega coi suoi multipli chiamati piccoli bianchi o viennesi. Del Grosso coniarono diversi moltiplicati, tra i quali: il Tallaro (grossi 42, 10.18 denari), il S.Maurizio (grossi 16, den. 10.16), il Pezzo (da grossi 12, 9, 8, 5, 4 e 3), il testone (grossi 8, den. 11.8), il Cornuto o Cornabò (grossi 5 circa), il Doppio grosso. Dall’inizio del XVI secolo vennero introdotti i fiorini (12 grossi) tralasciando i grossi. Nel 1561 Emanuele Filiberto, riformando l’antica monetazione, fece coniare la Lira.
ALtre – Tra le altre monete d’argento si ricordano anche: Il Ducatone, lo Spadino (un ducatone con una spada raffigurata sopra), lo Scuto, il Crosone (circa 1.16 Lire).

Monete di Biglione

Le monete di Biglione erano chiamate bianche o nere; questa distinzione non era legata alla loro intrinseca bontà ma dal fatto che alcune monete venivano sbiancate con l’acido solforico mentre altre erano battute senza questo procedimento lasciandole con un colore di rame alquanto scuro. Solitamente le monete non trattate o nere erano assai basse di valore, affinchè non fossero confuse con le altre. Anche per le monete di bilgione il grosso è utilizzato come nome generico e con lo stesso nome si caratterizzano tutti i suoi multipli. Anche per queste monete vengono usati talvolta nomignoli vari, quali Cavallotto, Forte, Parpagliuola, Pitta o Maglia e chi più ne ha più ne metta.

Monete di Rame

La prima moneta di puro rame emessa dai principi Savoia è il forte da otto al soldo, ordinato dal duca Carlo Emanuele I nel 1594 a pezzi 106 per marco. Carlo Emanuele II fece poi battere piccole monete di rame del valore di 2 denari, cioè un sesto di soldo a pezzi 114 per marco. Durante la guerra contro la Francia, intorno al 1794, per supplire all’esausto erario, si batterono pezzi di rame al taglio di 45 per marco, che si misero in corso per soldi 5.

tratto da “Monete dei Reali di Savoia Vol 2” – Casimiro Promis

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