Dialetto

tratto dal manoscritto di Luigi Gaioli

Il dialetto di Castelnuovo, come quello degli altri paesi vicini, andò notevolmente modificandosi col passare del tempo per il facile contatto degli abitanti con gente di altre regioni, per il ritorno di emigrati e di militari usi ad altro parlare, per l’ istruzione più diffusa, tutte cause queste che portano a usare vocaboli nuovi e a modificare la pronuncia. Abbiamo molti contatti col dialetto alessandrino e con quello acquese; anzi, direi, che il nostro è come un passaggio, una sfumatura tra l’ uno e l’ altro. Molte parole ci sono venute dagli stranieri: Spagnoli, Francesi, Tedeschi, che nei secoli addietro più e più volte furono qui di passaggio e spesso si acquartierarono ed ebbero contatti coi nostri abitanti.

(ndr di beppe. castelnuovo è stato storicamente un cuneo del monferrato tra i comuni milanesi, e poi alessandrini, cassine, sezzadio, rivalta. Il dialetto di castelnuovo, spesso lontano o discordante per termini e inflessioni dall’acquese e dall’alessandrino, ben si integra nella cadenza e nella terminologia con il dialetto nicese, lungo una direttrice che dalla via Emilia in Castelnuovo, lungo le colline,  arriva a Nizza. O, viceversa, da Nizza si è estesa a Castelnuovo con i primi insediamenti per effetto dell’erezione del “receptum” intorno all’anno mille. La prova provata: un castelnovese scende a Nizza, parla in dialetto con un nicese e “s’intende” sempre. Analoghe le considerazioni, a campione, con Fontanile e Castel Rocchero.)

Nessun castelnovese si è mai curato di scrivere alcunché in dialetto, quindi ben poco ci rimane del vernacolo come era nei secoli passati. Ci sarebbe gradito avere, ad esempio, una di quelle businà che si usava declamare sulla piazza l’ultimo giorno di carnevale. Durò quest’usanza fino allo scoppiare della guerra europea. Era una composizione, in rima, più o meno regolare, senza alcuna osservanza della misura nei versi, colla quale, in tono faceto e con satira mordace, si esponevano i pubblici amministratori, gli imbroglioni, i buffoni, alla recriminazione e all’ilarità del popolo che accorreva numeroso a sbellicarsi dalle risa e a batter freneticamente le mani. V’era sempre il poetastro che, vestito in costume buffonistico, percorreva, su un carretto, tirato da un cavallo pavesato, le vie del paese invitando tutti e recarsi sulla grande piazza. Ciò avveniva nel pomeriggio, quando il ventre era pieno di ravioli e di vino generoso.

Durante la quaresima si usava cantare la notte del sabato sotto la finestra dei “ particolari” le cosidette “ i’ouv” (le uova). Una comitiva di allegri cantori e suonatori con trombe, trombette e bassi, chiedeva le uova alla padrona di casa, che poteva dare salame o qualche altra grazia di Dio che avesse in casa. La padrona, infreddolita e assonnata, si alzava da letto e deponeva nella cesta di uno della combriccola la sua offerta, che doveva poi servire, con tutto il resto, alla solenne pacchiata del giorno dopo, domenica.

Indice

Grafia, accentazione e fonetica 
Grammaticain preparazione
I giorni della settimanain preparazione
I mesiin preparazione
Numeraliin preparazione
Proverbiin preparazione
TradizioniCant’é j’ouv
  in preparazione
Dizionarioin preparazione