La questua delle uova era ampiamente diffusa nel Piemonte meridionale: Cuneese, Albese, Astigiano, Alessandrino e Acquese. Oggi la cerimonia è rientrata in uso in molte parti del territorio dove un tempo era nota, ed è praticata anche in forma spontanea, al di fuori di gruppi che ne avevano fatto un elemento intenzionale di recupero della tradizione popolare locale. Essa rientra nel quadro di attività cerimoniali ben note in area europea e in genere connesse al periodo inverno/primavera; il tempo cerimoniale che la tradizione le assegna è il più delle volte quello della settimana santa, ma in qualche caso inizia già, durante la Quaresima o addirittura nel periodo del Carnevale. Si tratta di una cerimonia abbandonata nel secondo dopoguerra e rimessa in vita in alcune località piemontesi negli ultimi decenni.
La questua ha luogo dopo il crepuscolo e si protrae fino a notte avanzata. La data in cui andare a Canté J’ouv (“cantar le uova”, come è chiamata in tutto il Piemonte) è decisa in modo informale dal gruppo degli “agenti”, un tempo formati da giovani del paese, di sesso maschile. Questi si raccolgono alla spicciolata, in tarda serata, presso il solito ritrovo e intraprendono la questua, visitando un nucleo abitativo-familiare dopo l’altro. Entrano nell’aia o nel cortile (un tempo i cortili cintati erano praticamente inesistenti) e cantano le strofe, accompagnati da qualche strumento come la fisarmonica o la chitarra (un tempo era in uso il violino). A Castelnuovo se ne canta una variante in dialetto, ma ne esistono anche in italiano, con linee melodiche differenti. Si elogia la casa, il padrone e la padrona, si richiede insistentemente il dono e infine si ringrazia e si prende commiato con un arrivederci all’anno prossimo. I cantori, gente del posto, che ben conoscono le persone e le famiglie alle quali si rivolgono adeguano prontamente le strofe al presunto ascoltatore. Nascono complimenti per la figlia da marito, auguri di nozze per la zitella o per il vedovo ancora giovane e piacente, auguri di buona salute e prosperità per i padroni di casa. Di seguito riportiamo alcune ricorrenti strofe in vernacolo, con il corrispondente significato in italiano:
Bouna séira siur padreu a suma rivaj adès salitanda il padreu cun la su siura après | Buona sera sig padrone siamo arrivati adesso salutiamo il padrone con la sua signora appresso |
a ciam licénsa siur padreu s’a lè cuntènt ca cantu a cantruma doui stramont sgond la vegia isansa |
chiedo licenza al signor padrone
di poter cantare
canteremo due strambotti
secondo l’antica usanza |
dem d’j’ouv, dem d’j’ouv dil vouster galèini ch’i m’an dicc i voucc auŝèi ch’i n’ej d’il casi pèini | dateci delle uova, dateci delle uova delle vostre galline poiché m’han detto i vostri vicini che ne avete delle casse piene |
dem d’j’ouv, dem d’j’ouv dla galèina bianca ch’i m’an dicc i voucc auŝèi ch’lé tit u dì cla canta | dateci delle uova, dateci delle uova della gallina bianca poiché m’han detto i vostri vicini che è tutto il giorno che canta |
dem d’j’ouv, dem d’j’ouv dla galèina rusa ch’i m’an dicc i voucc auŝèi ch’lé tit u dì cla pusa | dateci delle uova, dateci delle uova della gallina rossa poiché m’han detto i vostri vicini che è tutto il giorno che spinge |
dem d’j’ouv, dem d’j’ouv dla galèina griŝa ch’i m’an dicc i voucc auŝèi ch’j teni an tla camiŝa | dateci delle uova, dateci delle uova della gallina grigia poiché m’han detto i vostri vicini che le tenete nella camicia |
dem d’j’ouv, dem d’j’ouv dla galèina bofa ch’i m’an dicc i voucc auŝèi ch’a na fa quat per vota | dateci delle uova, dateci delle uova della gallina boffa poiché m’han detto i vostri vicini che ne fa quattro per volta |
ant’ista ca, gentil ca u j’é di brav om ch’i diran ala mujè và a dé d’j’ouv | in questa casa, gentil casa ci sono bravi uomini che diranno alla moglie vai a dare delle uova |
ant’ista ca, gentil ca u j’é na fija bionda ajuma in giuvnout con noui ch’u ven a fé la ronda | in questa casa, gentil casa c’è una figliola bionda abbiamo un giovanotto con noi che viene a fare la ronda |
e si vouri nent dem d’j’ouv dem pira na galèina cun dil pan e du salam e dil vej beu d’canteina | e se non volete darci delle uova dateci una gallina con del pane e del salame e del buon vino di cantina |
e si vouri nent dem d’j’ouv dem di denar che per dì la verità a nujacc u mè pì car | e se non volete darci delle uova dateci dei denari che per dire la verità a noi è anche più gradito |
e adess ch’i mej dà j’ouv av ringrasiuma s’a saruma ancura al mond n’atrani a riturnuma | e ora che ci avete dato le uova vi ringraziamo se saremo ancora al mondo il prossimo anno ritorniamo |
ah!!!. l’è dì, l’è dì, l’è dì, uj souna l’Ave Maria bouna séira a ticc e quancc e anduma via | ah!!!. è giorno, è giorno, è giorno suona l’Ave Maria buona sera a tutti quanti e andiamo via |
..ma se la casa non scuciva nulla, agli auguri finali si preferivano strofe non sempre simpatiche, tipo:
ant’ista ca, brita ca uj canta la crivèla s’jei dil fiji da mariè u diau ch’us ja rabèla | in questa casa, brutta casa canta il falchetto se avete figlie da maritare che il diavolo se le porti in giro |
ant’ista ca, brita ca uj spasigia la lajasa u j’è na fia da mariè cla piscia ant’la pajasa | in questa casa, brutta casa razzola la gazza c’è una figlia da maritare che la fa nel materasso |
Uno del gruppo, a volte mascherato da frate, accompagna i questuanti e col canestro raccoglie i doni. Nel caso di un ricevimento molto ospitale si conversa con gli ospiti e si cantano altre canzoni di repertorio popolare. La famiglia, che si risveglia o già attende, accende le luci, esce di casa e offre uova, talvolta salami, altri cibi e vino; in alcune case si aprono le porte e tutti si accalcano nella sala buona o in cucina per un rinfresco con vino, salumi, dolci ecc. Poche case rimangono sorde e buie.
Finita la questua itinerante si ritorna al paese: la conclusione della “cerimonia” avrà luogo il lunedì dell’Angelo, o lì appresso, col consumo degli alimenti raccolti. Una grande mangiata collettiva detta ribouta (sempre che, sera per sera o giorno per giorno, gli “agenti” con ripetute riboute non abbiano man mano prosciugato il raccolto!).
Tra gli “agenti” o “cantori” locali degli anni 1938/1940 ricordiamo una cinquina, tra cui Giovanni Priarone, Luigi Fiandra, Giuseppe Oddino (pinu nadaloru), che girava case e cascine dove dimoravano ragazze corteggiabili.