Mulini natanti

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Pianta di un mulino fluviale (da un disegno di H.Ernst, 1805)

I mulini natanti hanno origine, così scrive nelle pagine di Storia della Guerra Gotica dello storico Procopio di Cesarea, dall’ingegno del generale Belisario durante l’assedio di Roma del 537 d.C, da parte dei Goti. Il generale dovendo sopperire alla mancanza di acqua, gli Ostrogoti bloccarono gli acquedotti togliendo così l’acqua motrice ai mulini all’interno delle mura, fece costruire su alcuni galleggianti il primo mulino natante, ancorandolo ai ponti del Tevere. Successivamente i mulini natanti si diffusero soprattutto nell’Italia settentrionale, diventando  parte del patrimonio paesaggistico dei grandi fiumi fino agli inizi del ‘900 quando, a causa della comparsa sui fiumi della navigazione a vapore, dei battelli e dei rimorchiatori che necessitavano di grandi spazi, i mulini scomparvero. Il Comune di Castelnuovo teneva sulla Bormida due mulini galleggianti che, affittati a privati, costituivano il punto di riferimento della vita sociale ed economica del tempo. Solitamente la struttura dei mulini era costituita da due scafi collegati da robuste traverse. Nati da un riadattamento dei mulini tradizionali: le ruote erano più ampie, per meglio captare la forza delle correnti fluviali e i meccanismi moltiplicatori dei giri dell’albero motore variati. Non si conoscono le effettive dimensioni dei mulini mentre è documentabile la loro capacità di navigazione, infatti più volte sono trattati i loro spostamenti. La scelta della localizzazione di un mulino natante deriva dalla necessità di trovare il sito perfetto, dove la corrente del fiume abbia la giusta forza per alimentare le pale, dove sia possibile ancorare il mulino alla riva, dove la morfologia delle rive permetta l’abbassamento e l’innalzamento delle strutture di ancoraggio del mulino in base alle fluttuazioni del fiume, un luogo comodo non solo per i fornitori di materia prima, ma anche per i consumatori. Dal manoscritto di Luigi Gaioli sappiamo che:

 Il mulino cosidetto superiore si trovava nella regione Bevarolo, presenza confermata da un documento del 28 Luglio 1795 nel quale è trattata la “capitolazione” dello stesso (si fa anche cenno al mulino situato sull’isola). Nel convocato del 14 Marzo 1796, risulta che il mugnaio era Michele Pansecco; il quale, come perito, riferisce che il mulino “per esser sicuro da ogni pericolo potrebbe venir collocato dietro all’orto di Lorenzo Vella mediante li dovuti alligamenti di cordaggi e calcestruzzi“.

Il 1° Marzo 1801 (12 ventoso) si affittò il mulino detto della Tagliata. Nel convocato del 17 Novembre 1817 si tratta con Francesco Orecchia deliberatario del molino delle Gorreche fu rovinato dalle escrescenze del fiume Bormida a causa della di lui negligenza“. Considerato che il mulino era già vecchio, si propone con Orecchia un “accomodamento”. Lo stesso anno 1817 (27 Novembre) si affitta il mulino del Bevarolo.

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