La Provincia di Acqui Terme

 

Estratto da “Raccolta delle circolari della azienda economica dell’interno sull’amministrazione dé boschi e selve anni 1825-26-27”

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Sulle due rive della Bormida, che attraversa da Dego a Castelnuovo, giace la Provincia di Acqui. A destra di questo fiume il territorio è montuoso, e si dilata fino agli appennini; meno rilevato è quello alla sinistra. Il punto più alto è il monte San Martino. Un altro ramo della Bormida, detta di Cortemiglia, i torrenti Orba, Belbo, Erro, e parecchi torrentelli la scorrono in direzioni diverse, sboccando in seguito nel ramo maggiore della Bormida o sopra o sotto Acqui, tranne il Belbo che porta le sue acque nel Tanaro.

Confina all’Est con le Provincie di Genova e di Novi; a Sud con quelle di Savona e di Mondovì; All’Ovest con quelle di Alba e di Asti; al Nord pure con queste ultime e con l’ Alessandrino. Il suo territorio è in superficie di 131,360 ettari, di cui quasi più della terza parte è occupata dai boschi, che sono aggregati in vastissime estensioni, specialmente a destra della Bormida, ma divisi in un numero infinito di frazioni possedute dai particolari e dai Comuni. La più importante massa è quella di monte Orsaro o Ursale, propria dei Comuni di Giavalla, Mioglia, Pareto, Spigno e Dego. A questo appartiene anche un altro tratto verso il Sudeste agli estremi confini della Provincia.
La quercia comune, ossia il rovere, il cerro, il castagno fruttifero e selvatico sono gli alberi dominanti. In pochi luoghi alligna il pino, ed all’opposto abbondano i faggi d’alto fusto sopra le cime degli Appennini, che ivi raffrenano gl’impeti dei venti boreali. Il rovere, il castagno selvatico ed anche il faggio sono coltivati a ceduo. Cinquemila quattrocento venti steri di legna consumansi in 16 fornaci da mattoni, 32.520 in 15 da calce, e 325 alle filande da seta, 20.000 quintali decimali di carbone a quattro ferriere, ed 800 ad 8 magli. Il minore consumo, che in proporzione degli altri opifizii ne fanno le fornaci da mattoni, proviene da che nelle costruzioni si preferiscono a tali materiali le pietre, che con somma facilità si estraggono nelle molte carriere. Grande è quello delle fornaci a calce, perchè questa essendo di ottima qualità, considerevole ne è la tratta alla vicine Province. Numerose sono le formaci da gesso, ma non instabili, e non monta tenerne conto in fatto di di consumo di combustibil, venendo alimentate col legname il più infimo, cioè col ginepro, col rovo e col brusco. Questa Provincia a dovizia di legnami, dopo avere provvisto ad ogni sua occorrenza, manda carbone e legna da ardere nella Provincia d’Alessandria, piante non lavorate a Savona per i bastimenti mercantili, per i pergolati, per i cerchiamenti e per le doghe, che si formano sul littorale.
Nella seta, nel vino e nel carbone trafficano gli abitanti, il di cui numero rileva a 88.602 anime, inviandoli segnatamente in Alessandria, a Genova, nella riviera di Ponente, ed ancora a Milano in quanto al vino. Appena per cinque mesi dell’anno sono sufficienti i cereali, che si raccolgono nella Provincia d’Acqui alla sua popolazione; sopperisce pertanto a questa mancanza quella di Alessandria; è però da notare, che fecondi quanto i territori Alessandrini, sono quelli di Nizza Monferrato, d’Incisa, di Rivalta e di Castelnuovo. Cremolino, Ovada, Morzasco, Strevi, Mombaruzzo, sono rinomati pei loro vini, e Ponzone per le sue castagne. A rendere più fortunata la classe del popolo, giovò sommamente l’apertura della nuova strada da Alessandria a Savona, permettendo a molte persone rimaste finora inoperose per difetto di mezzi e di occasioni, di speculare sul trasporto di varie derrate. Infatti si recano esse in Alessandria, a Casale, a Vercelli, a Novara per caricarvi vino, grano, riso, ed altre derrate, che traggono a Savona, daddove ritornano con olio, bottiglie, terraglie, agrumi, sale, pesci di mare, ed altri prodotti di riviera.
Il cenno di siffatti parziali vantaggi ridondanti si in questa, che in quasi tutte le Provincie dello Stato, e derivanti da un maggior bene generale, varrà di prova incontrastabile della utilità delle opere stradali ordinate dalla saviezza e bontà del Re nostro Signore, onde imporre finalmente silenzio a colore, che nello eseguimeto delle medesime persistono a non iscorgervi che un lusso superfluo, per la sola riflessione, che i popolani vivevano pure, allorchè privi erano di facili comunicazioni con le Provincie limitrofe, e con le più lontane.

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